Sveglia alle 6.00.
Non sono più abituata a svegliarmi così presto di sabato.
Sarà il caso che ci faccia l'abitudine per quando tornerò in Italia, eh si, è
proprio il caso che ce la faccia.
Stavolta però era per una buona cosa, io e Brain siamo andate
a fare un po' di volontariato, ma sì, chiamiamolo così. Non è una cosa che
facciamo di nostra spontanea volontà, ma un requisito per diplomarsi nella mia
scuola. Ogni classe ha un determinato numero di ore di servizio per la comunità
che deve svolgere. Nel mio caso sono 20, dato che sono Junior. Lo scorso
semestre avevo aiutato dei bambini disabili ad andare a cavallo e avevo
costruito una casa, mentre per questo semestre ho servito del cibo alla mensa
dei poveri e oggi sono tornata a costruire un'altra casa.
Brain mi passa a prendere in macchina e dopo un po'
raggiungiamo il posto, non prima di esserci perse almeno una volta come di
consuetudine. La zona è la stessa dell'altra volta, la casa è un'altra però. E
soprattutto, era già iniziata a differenza dell'ultima volta che siamo partite
da zero.
Solita
procedura, consegnamo il modulo d'iscrizione, attacchiamo il nostro nome sulla
maglia e poi i costruttori fanno un piccolo discorso prima di iniziare, giusto
per occupare il tempo mentre aspettiamo gli attrezzi. Poi si inizia a lavorare.
Il nostro primo compito è quello di rivestire l'esterno della casa con dei
pezzi di legno, quindi dovevamo misurare, disegnare i pezzi, tagliarli e inchiodarli.
Una volta finito, ci spostiamo sul davanti e ci mettono a inchiodare qualcosa
anche lì. Facciamo questo per circa quattro ore, poi uno dei costruttori ci fa
notare come arrivate in cima alla parete alcune misure non combaciavano e
quindi bisognava trovare una soluzione. Progetta un'idea che non va a buon
fine, a quel punto ci ha praticamente detto trovate voi una soluzione. Abbiamo
lavorato con altre due ragazze che non hanno potuto fare a meno di notare il
mio accento, che a quanto pare piace a tutti. Siamo diventate progettiste, non
più semplici operaie. In quattro ore siamo salite di livello, no vabbè scherzi
a parte. Comunque era diventata una sfida a quel punto. Il problema erano le
travi, troppo fragili per quel tipo di situazione. Ci abbiamo messo un po',
però dopo vari tentativi ce l'abbiamo fatta e finalmente era ora di
pranzo.
Saliamo in macchina e andiamo alla ricerca di un qualsiasi
fast food con il "drive through", perchè nelle condizioni
in cui eravamo, con fango ovunque, non ci andava nemmeno di scendere dalla
macchina, a volte amo l'America per essere pigra. All'inizio optiamo per Sonic,
ma una volta lì, scopriamo che è chiuso a causa di un incendio che c'è stato di
recente, e te pareva. Finiamo al Mcdonald's, per la prima volta da quando sono
qui, strano ma vero. Ordiniamo due milkshake e mangiamo comodamente in
macchina.
Al ritorno, ci mancano ancora un paio d'ore prima di finire.
Lavoriamo con un ragazzo questa volta, che anche lui nota il mio accento, però
pensava che andassi all'LSU, l'università di queste parti, che lui stesso
frequenta da quanto ho capito. C'erano un sacco di ragazzi del college, tutti
simpatici e disponibili. Inchiodiamo altra roba sulle pareti, poi ad un certo
punto mi fa: ti va bene se mi aiuti sul tetto? Sono già su una scala a due
metri da terra, cosa vuoi che sia salire di un altro metro. Faceva arrampicata
in fondo. E poi ormai avevo fatto tutto ciò che legalmente non avrei potuto
fare. I minorenni non possono ne usare gli attrezzi elettrici, ne salire sulle
scale, ed io ho fatto entrambi.
Dopo più di otto ore che lavoriamo, è il momento di andare a
casa. Aiutiamo a caricare scale e attrezzi vari sui truck, e ci fermiamo a
guardare la casa dal davanti e ci rendiamo conto di quanto fosse diversa dalla
mattina. Della serie, "ma allora, qualcosa abbiamo fatto".
Citazione del giorno:
"Ho sporcato le scarpe da corsa più belle che avevo,
scherzo non corro"(Brain)
Rossella
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